venerdì 26 giugno 2020

IL PRIMARIO DI PNEUMOLOGIA A DOLO RACCONTA IL SUPER LAVORO DEL REPARTO DURANTE L'EMERGENZA VIRUS

Il reparto di Pneumologia dell'ospedale di Dolo, durante la massima emergenza da Covid-19, ha trattato 116 pazienti nei mesi di marzo e aprile. «Ora siamo quasi completamente tornati alla normalità – dichiara il primario, dottor Manuele Nizzetto - e dai primi di giugno, infatti, il reparto ha nuovamente accolto le tipiche patologie pneumologiche come l’insufficienza respiratoria, la fibrosi polmonare, l’asma, le neoplasie. Ma non dobbiamo abbassare la guardia; non a caso, infatti, manteniamo liberi due posti letto per eventuali nuovi casi collegati al Coronavirus». Tira un sospiro di sollievo il dottor Nizzetto mentre racconta quei giorni difficili, che hanno messo a dura prova sia l’uomo che il medico professionista. E anche la sua squadra che, dice, «ha cercato sempre di sostenere per garantire la loro sicurezza e far fronte alle ingenti ed eccezionali richieste di ricoveri».
Verso metà marzo, nel giro di pochi giorni, il reparto di Pneumologia dell’ospedale di Dolo ha subìto una sensibile trasformazione, e si è attrezzato per accogliere nel modo più efficace i pazienti malati di Covid-19 del territorio dell’ULSS 3 Serenissima. Il quarto piano, che ospita le degenze di Pneumologia e Cardiologia, è stato adibito completamente a Pneumologia Covid-19 con 24 posti letto, sempre occupati. La fascia media d’età dei pazienti presi in carico da questo reparto si aggirava attorno ai 70 anni, con un rapporto maschi-femmine di 2 a 1. La persona più giovane che è stata assistita e, per fortuna dimessa, è un ventiseienne, mentre quella più anziana, anche questa dimessa alla fine con esito positivo, ha 90 anni.
«I pazienti – ricorda il primario – arrivavano a ondate e a ondate precipitavano, nonostante facessimo tutto quello che era in nostra conoscenza. Siamo stati impegnati in turni intensissimi che ci lasciavano solo il tempo di una rapida cena e un riposo notturno, spesso poco ristoratore perché disturbato da pensieri di incertezza per il futuro. L’indomani ricominciava tutto daccapo, con la stessa sensazione d’impotenza, la percezione della scarsa conoscenza di come gestire tale patologia, caratterizzata dall’assenza di una terapia farmacologica certa e dall’impossibilità di prevederne l’evoluzione».
Non disponendo di una terapia farmacologica specifica per il Covid 19, i pazienti sono stati trattati seguendo protocolli condivisi nazionali e regionali che prevedevano l’uso di farmaci antivirali e antinfiammatori, e in base a quanto previsto anche dagli studi sperimentali. Accanto alla terapia farmacologica, i sanitari ricorrevano a quella con ossigeno ad alti flussi oppure alla ventilazione non invasiva e, nei casi più gravi, il passaggio obbligato era l’affidamento alla terapia intensiva. L’intenso lavoro, che ha coinvolto molte figure professionali, ha permesso di evidenziare il ruolo protettivo dell’eparina nei pazienti affetti da Covid 19; e tale risultato, ottenuto grazie alla stretta collaborazione con i colleghi cardiologi, è ora noto a tutta la comunità scientifica.
«Nei momenti di massimo picco epidemico – aggiunge il dottor Nizzetto – ho saggiato la fragilità della condizione umana, consapevole che la tecnologia, che tanto ci ha dato per migliorare il nostro mondo, non ci ha reso immortali. La morte, infatti, è entrata di prepotenza nei nostri reparti e ha sconvolto la nostra quotidianità, risvegliandoci dall’illusione del controllo e della permanenza. E ciò che appariva forse ancor più straziante era il senso di solitudine che abbiamo visto nei nostri pazienti, costretti in camere singole dalle porte sempre chiuse, con divieto di visita dei familiari, privati da questo virus di un semplice contatto con gli affetti più cari e avvolti dalla paura di una morte senza sepoltura».
Il primario comprende che chi non ha vissuto il virus non può comprenderne appieno il dramma, ne sottovaluti i rischi e l’insidiosità, lo descriva come un’eventualità remota o pensi di esserne immune, specie se è giovane e in salute: «Ma non è propriamente così. Quando ti colpisce, e colpisce anche i più giovani, entra nel corpo e ne causa un tale sconquasso da condurre a una progressiva insufficienza multiorgano. Come una sorta di implacabile strangolatore, esso provoca talvolta l’irreparabile. L’immagine è forte, ma è lo altrettanto l’invito a continuare a rispettare le norme sui dispositivi e le forme corrette di distanza, perché le attività quotidiane possano riprendere e la vita continuare per ciascuno in condizioni di sicurezza, rispetto e fiducia».

martedì 16 giugno 2020

OSPEDALE DI DOLO, RIPRENDE ANCHE L'ATTIVITÀ DEL REPARTO DI MEDICINA, SOTTO PRESSIONE NEI MESI DEL COVID

Anche il reparto di Medicina dell’ospedale di Dolo sta tornando gradualmente alla normalità, come hanno già fatto recentemente altri reparti, quali la Chirurgia, la Oculistica, l’Ortopedia e l'Urologia. Sono ancora in vigore percorsi separati per salvaguardare la sicurezza dei pazienti e dei lavoratori, e rispondere efficacemente qualora giungesse qualche altro nuovo caso; ad oggi, rispetto agli oltre 300 pazienti che sono transitati in Medicina perché positivi al Covid-19, sono registrati solamente due casi positivi ancora ricoverati.
Nel frattempo sta ripartendo anche l’intera attività ambulatoriale, ed è già stato riattivato l’ambulatorio di endocrinologia. La prossima settimana ripartirà quello che riguarda la medicina interna, a seguire l’ambulatorio di reumatologia, quello angiologico, di osteoporosi ed epatologico. «È stata una grande questione – commenta il primario di Medicina, dottor Moreno Scevola – che abbiamo e stiamo ancora affrontando assieme tra medici, infermieri, operatori sanitari, personale amministrativo, con grande attenzione e spirito di servizio, cercando di non cedere alla paura, sempre incoraggiati dalla direzione e dal rapporto costante coi professionisti di Dolo e Mirano, ma anche dell’ospedale hub di Mestre. Ci siamo attivati con meeting multidisciplinari, a cadenza media settimanale, in videoconferenze interne per discutere organizzazione, casi clinici e scelte terapeutiche».
Durante il periodo di maggiore emergenza, tra metà marzo e fine aprile, il reparto con i suoi 67 posti letto ha affrontato un tema cruciale: «Prima lentamente e poi all’improvviso, velocemente - racconta il primario - tutti i letti sono stati occupati da pazienti portatori di Coronavirus. Abbiamo trattato casi diversi e disparati: dal paziente Covid puro, anche giovane, o adulto, senza altre patologie, che veniva ricoverato per polmonite interstiziale con grave insufficienza respiratoria, fino all’anziano già compromesso da altre patologie; quest’ultimo tipo di paziente è quello che il virus più facilmente scompensava, compromettendo la funzionalità di altri organi ed apparati, cioè cuore, fegato, rene, cervello, circolazione e cascata coagulativa».
Il compito principale degli operatori sanitari della Medicina è stato in primis combattere febbre ed insufficienza respiratoria; le scelte terapeutiche sono state praticate in linea con le indicazioni delle società scientifiche e delle linee guida regionali e nazionali; si parametravano gli indicatori (frequenza respiratoria, saturazione di ossigeno, polso e pressione ed evoluzione clinica) per capire quando fosse il momento di intervenire con supporto ventilatorio se il paziente peggiorava. Non bisognava far scendere l’ossigeno: nel momento in cui il monitoraggio dell’ossigeno mostrava un sostanziale e repentino peggioramento, il paziente veniva trasferito in Pneumologia, o altro reparto di Terapia Intensiva, per il supporto ventilatorio.
Durante il ricovero il reparto ha cercato, laddove possibile, di favorire il contatto a distanza tra il degente e i familiari: i messaggi delle famiglie venivano centralizzati nella segreteria e il medico richiamava nel pomeriggio, o prima se si verificavano urgenze. Inoltre, il reparto era stato dotato di alcuni tablet che venivano usati, sempre selezionando i casi, per stabilire un contatto vocale o anche solo visivo con il parente.
«Il Covid-19 è un virus davvero insidioso, infido e pericoloso, che non va sottovalutato – ha evidenziato il primario – e lo dico anche ai giovani che pensano di essere forti, di superare la malattia senza particolari problemi, ma talora non è così. Invito tutti a continuare a rispettare le distanze, ad usare i dispositivi di protezione, in particolare la mascherina quando ci si avvicina ad un’altra persona. La situazione ora sta migliorando, ma come dico ai miei: non dobbiamo abbassare la guardia, mai».

domenica 7 giugno 2020

COVID HOSPITAL DI DOLO, IL REPARTO DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA AL SERVIZIO DELLA TERAPIA INTENSIVA

Super lavoro per il reparto di Medicina Fisica e Riabilitativa all'ospedale di Dolo durante le settimane di epidemia da Covid-19, e ora l'attività riprende a pieno regime. «Immaginiamo una persona che ha appena superato una influenza - spiega il primario Roberto Polesso - con i classici strascichi. Ecco, i postumi del Covid-19 sono paragonabili a quelli di una influenza, moltiplicata per cento». Durante l'emergenza il reparto ne ha presi in carico e curati molti, grazie all'équipe di riabilitatori, fisiatri e fisioterapisti.
«Nell’ospedale di Dolo, individuato come Covid hospital dall'ULSS 3 – continua il dottor Polesso – abbiamo lavorato in fianco al reparto di Terapia Intensiva, e ci è capitato anche di trattare 18 pazienti Covid al giorno. Non è stato facile. La prima cosa che dovevamo fare era riattivare il diaframma. Poi, una volta riattivato, e una volta che il paziente poteva stare anche seduto senza che il tronco gli cedesse, solo allora potevamo intervenire con la riattivazione anche della parte muscolare. Va tenuto presente, infatti, che un lungo periodo passato in terapia intensiva provoca nel paziente colpito da Coronavirus la perdita di parecchi chili di peso, con la perdita contestuale della massa muscolare».
Ad oggi sono due le persone positive al Covid-19 che i fisioterapisti stanno seguendo con la massima attenzione nell'area semintensiva pneumologica dell’ospedale di Dolo. E nelle scorse settimane il servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa a Dolo è stato riaperto anche per gli utenti esterni, riprendendo così la sua attività normale. Nel Distretto di Mirano-Dolo il servizio è organizzato in tre sedi: a Dolo e a Noale svolge un’attività ambulatoriale, con consulenze ai reparti, prossimamente all’unità riabilitativa territoriale e all’ospedale di comunità; a Mirano il servizio fornisce la consulenza ai reparti ospedalieri.
Nel 2019, la Medicina Fisica e Riabilitativa di questo territorio ha erogato oltre centomila prestazioni ambulatoriali per esterni; l’attività erogata nei reparti andava dai 20 ai 30 pazienti al giorno, seguiti nei presìdi ospedalieri. «Trattiamo pazienti in Chirurgia – conclude il primario – in Ortopedia, in Neurologia, in Urologia, in Cardiologia. Tutti i reparti sono messi in rete con il nostro servizio. quando il caso è suscettibile di trattamento fisiatrico e riabilitativo».

giovedì 4 giugno 2020

OSPEDALE DI DOLO, ANCHE IL REPARTO DI UROLOGIA TORNA OPERATIVO IN LOCO DOPO L'EMERGENZA CON 25 INTERVENTI

Anche il reparto di Urologia all’ospedale di Dolo ha ricominciato ad operare nella sua sede nella mattinata di ieri, dopo il periodo di circa due mesi in cui ha svolto la propria attività all’ospedale di Mirano, mentre l’ospedale di Dolo ha ricoperto un ruolo importante nella emergenza Covid-19. «La riapertura di questo reparto a Dolo – sottolinea il direttore generale dell'ULSS 3, Giuseppe dal Ben – fa seguito a stretto giro alla ripresa delle attività di altri reparti nell’ospedale della Riviera del Brenta. Regolare, ormai, l’attività di ricovero e di degenza. L’ospedale, punto di riferimento per il territorio, recupera la piena operatività. Per l’ultimo tassello, la riapertura dell’attività materno-infantile, attendiamo solo la piena sicurezza operativa dopo l’emergenza».
All’ospedale di Mirano il servizio urologico dolese ha effettuato un centinaio di interventi di tipo oncologico (malattie della vescica, prostata e reni): «Sento doveroso ringraziare i colleghi di Mirano della Chirurgia, di Otorinolaringoiatria e di Anestesia e Rianimazione, assieme a quelli dell'Urologia di Mestre – sottolinea il primario, dottor Giorgio Artuso – che ci hanno aiutato soprattutto per le emergenze Con loro abbiamo lavorato in piena collaborazione, ed è stato gratificante sia dal punto di vista professionale che umano». Per la prima settimana dal rientro nell’ospedale di Dolo, il reparto di Urologia ha messo in programma già venticinque interventi, da quelli oncologici a quelli della chirurgia “minore”, calcolosi e ipertrofia della prostata.
Lo scorso anno il Reparto guidato dal dottor Artuso ha effettuato oltre 13mila prestazioni di tipo ambulatoriale -visite programmate, visite in urgenza, biopsie- e ben 1500 interventi chirurgici, di cui circa il 60% riguardavano la chirurgia maggiore per tumore (dove, al primo posto, campeggia il rene). A questa importante attività urologica si sono aggiunti anche i 400 pazienti neurourologici (ad esempio malati di sclerosi multipla, morbo di Parkinson, traumi del rachide), seguiti principalmente per problemi relativi al cattivo svuotamento della vescica a causa di ritenzione o incontinenza.
Per alcuni casi selezionati di tumore al rene, da undici anni il reparto di Urologia di Dolo assieme al servizio di Radiologia effettua una tecnica di intervento mininvasivo detta crioablazione: «Ad oggi si conta circa un centinaio di interventi con questa particolare tecnica – ha concluso il primario – che può essere impiegata per tumori di piccole dimensioni in pazienti particolari, affetti da patologie che impediscono l’impiego della tecnica chirurgica tradizionale, come ad esempio persone con fattori di rischio cardiovascolari o che siano portatori di rene unico». Rispetto a trent’anni fa sono stati fatti passi in avanti nella chirurgia tradizionale, che prevedeva in genere l’asportazione del rene malato, e affinate sempre più le tecniche meno invasive ma altrettanto efficaci nel controllo e nella cura della malattia.

mercoledì 3 giugno 2020

IERI DOPO TRE MESI NESSUN MORTO DI CORONAVIRUS IN VENETO, A DOLO NESSUN PAZIENTE COVID IN RIANIMAZIONE

Dopo tante settimane di notizie pessime in escalation, il 2 giugno -coinciso con la festa della Repubblica- è stato il miglior giorno per il Veneto dalla fine di febbraio. Per la prima volta infatti in quasi cento giorni non si sono registrate vittime da Coronavirus, mentre anche i nuovi contagiati diminuiscono sensibilmente.
Un altro indicatore assai rilevante è che all'ospedale di Dolo, Covid-hospital durante i livelli più acuti dell'emergenza, da ieri nessuno è in Terapia Intensiva per aver contratto il virus: non accadeva da metà marzo, quando il reparto era arrivato ad avere anche 20 pazienti di Covid-19 collegati ai tubi per la respirazione. Al momento, a Dolo, tre persone sono ricoverate in Rianimazione ma senza polmonite da Coronavirus.