giovedì 5 novembre 2020

ALL'OSPEDALE DI DOLO UN AMBULATORIO PER I MALATI CHE HANNO SUPERATO IL COVID: MONITORATI GLI ESITI

Si sono ammalati di Coronavirus, sono stati curati per questa infezione negli ospedali dell’ULSS 3 Serenissima, sono stati dimessi e ora frequentano l’ambulatorio post Covid messo in piedi ad hoc solo per loro quattro mesi fa. Sono una cinquantina di pazienti, per la maggior parte cardiopatici, ipertesi, diabetici, obesi, dismetabolici, nefropatici. L’ambulatorio post Covid si trova fisicamente al quarto piano dell’ospedale di Dolo, ed è gestito dal reparto di Pneumologia dolese in sinergia con l’ospedale hub dell’Angelo, a cui vengono assegnati invece i casi più complessi.
L’ambulatorio lavora a pieno regime da quest’estate: visita, monitora e cura i pazienti che hanno contratto il Covid, sono stati curati negli ospedali dell’ULSS 3, sono stati dimessi e hanno accettato di farsi seguire periodicamente dall’ambulatorio. Tra la cinquantina di pazienti seguiti, gli uomini sono il triplo delle donne. Hanno dai venti agli ottant’anni d’età, ma si concentrano soprattutto nella fascia che va dai cinquanta ai settant’anni.
Durante le visite il paziente viene sottoposto a tre esami diagnostici: il primo è la spirometria, che dimostra la funzionalità respiratoria e rileva se ci sono danni funzionali ai polmoni. Il secondo esame è la radiografia, per capire se esiste un danno organico/anatomico. Il terzo esame è il test Dlco, che permette di determinare la capacità polmonare nello scambiare l’ossigeno tra alveoli e capillari. Se necessario, viene poi richiesta anche una Tac, per osservare ancora meglio lo stato dei polmoni.
«La risposta dei pazienti che abbiamo visto in questi mesi - spiega il responsabile dell’ambulatorio, il pneumologo Accurso Aloi - è stata per la maggior parte molto buona. A tanti pazienti che erano stati dimessi con l’ossigeno, ora lo abbiamo tolto perché nettamente migliorati. Abbiamo dato prima priorità ai pazienti che per colpa del Covid sono stati in rianimazione, poi a quelli ospedalizzati ma mai intubati».
Commenta il direttore generale Giuseppe dal Ben: «L’ambulatorio post Covid accompagna chi ha vissuto l’aggressività di questo virus, tanto da essere passato per un letto di degenza o di terapia intensiva. Oltre a curare e raccogliere dati relativi ai residui che il virus, una volta andato via, ha lasciato nel corpo di questi pazienti, l'ambulatorio diventa il simbolo della presenza dell'ULSS nei loro confronti, anche dopo la guarigione dall’infezione. Gli ex pazienti di Covid non vengono lasciati soli, ma sono seguiti dopo aver costruito per loro una corsia dedicata».
Paralisi della lingua, sindrome di Gulliain-Barré, compromissione respiratoria a lungo termine, insonnia, risveglio notturno improvviso, affaticabilità, ipossemia prolungata. Sono gli strascichi più gravi lasciati dal Coronavirus alle spalle dei pazienti che hanno superato l’infezione, rilevati soprattutto nei dieci casi più critici seguiti dalla Pneumologia dell’Angelo.
«Gli esiti nel tempo più comuni - prosegue il primario Lucio Michieletto - sono quelli di tipo fibrotico della polmonite interstiziale: in alcuni non c’è stata una completa normalizzazione del polmone, e il Covid ha indotto un’iniziale fibrosi polmonare. Questo potrebbe comportare il rischio, in alcuni casi, di un’insufficienza respiratoria permanente, fino alla necessità di ossigeno supplementare nel quotidiano».
Nessun asmatico o affetto da sindrome respiratoria cronica si è presentato all’ambulatorio post Covid: «Tra i pazienti negativizzati che visitiamo dopo la fase acuta dell’infezione da Coronavirus e le dimissioni ospedaliere, non ci sono quelli a noi più noti, affetti da patologie respiratorie croniche come asma o broncopneumopatia cronico ostruttiva - dice il primario di Pneumologia dell’ospedale di Dolo, Manuele Nizzetto - perché la maggior parte di questi pazienti sembra non aver contratto il virus.
Sorprende che i pazienti respiratori si siano riacutizzati molto meno con l’arrivo delle prime infezioni respiratorie portate dal freddo. Probabilmente questo è avvenuto perché si sono tutelati. Non solo sono stati attenti a non contrarre il Covid 19 uscendo il meno possibile, mantenendo le distanze e utilizzando la mascherina: ma l’utilizzo di questi comportamenti ha allontanato anche il rischio di contrarre altre infezioni».